giovedì 25 giugno 2009

Numeri 4: Salvatore Bagni da Correggio

Ci sono uomini, calciatori, che hanno dimostrato di essere grandi anche (forse soprattutto) fuori dal rettangolo di gioco. E penso subito ad Astutillo Malgioglio. E il calciatore, in questo caso, non si discute. Coppa Italia con l'Inter ('81-'82), accoppiata Scudetto-Coppa Italia col Napoli ('86-'87), 41 presenze e 5 reti con la Nazionale. Non è il calciatore, ad essere sulla gogna. Ma l'uomo. Un uomo, che comunque, va detto, merita di essere compreso. Un figlio morto a soli 3 anni in un incidente stradale, e poi il corpo del piccolo trafugato da sciacalli (legati agli scandali calcistici?) che gli chiesero 300 milioni. Un corpo mai restituito. Solidarietà. Indignazione. Ci mancherebbe. Salvatore Bagni, l'uomo che in un Roma - Napoli fece rompere il gemellaggio allora esistente tra le due tifoserie per via del "famoso gesto dell'ombrello" rivolto alla curva giallorossa. L'uomo che ora è commentatore per la Nazionale italiana affiancando Marco Civoli. Un uomo, che nonostante tutto, è stato in grado di dire ( o non dire) tutto ciò (ascoltate):

domenica 21 giugno 2009

A volte ritornano

Ci sono volti che non si dimenticano. Che magari, col passare del tempo e loro malgrado, restano imprigionati negli angusti loculi della psiche. Ma che, associati al loro nome, tornano vividi e colorati come non mai. Ci sono denti, criniere, che un appassionato di pallone e personaggi ad esso connessi non possono sfuggire. E loro, i volti e i personaggi, fanno di tutto per ritornare.
Il personaggio in questione l'ha fatto quest'anno con la Pistoiese, senza evitarne la retrocessione (playout persi con il Foligno). Dal 17 febbraio 2009 ne diventa allenatore, ma l'esordio non è molto felice: nonostante il punto guadagnato (1-1) sul difficile campo del Foggia, si fa espellere dopo soli 19 minuti per proteste. Impara l'arte e mettila da parte. Eppure ciò gli è valso un lasciapassare per la stagione 2009-2010, durante la quale sbarcherà a Figline, nel Valdarno fresco di promozione. Il nostro nasce ad Erba (CO), per poi spostare la sua vita in Brianza, come magazziniere in una fabbrica di mobili. Ma, come diceva Frengo e Stop: "All'improvviso l'incoscienza".
La sua vita cambia grazie ad un'amichevole disputata dalla Juventus contro la squadra nella quale militava per hobby, la Caratese (campionato nazionale dilettanti). Il Trap se ne invaghisce, e il suo aspetto equino rimbalza su tutti gli album e gli almanacchi, fino a far terrorizzare calciatori di tutto il mondo, visto il suo approdo in nazionale; a fare spietata concorrenza a omuncoli del calibro di Felice Centofanti e Andrea Silenzi. E indubbiamente, credo, l'ha spuntata lui. Moreno Torricelli.

venerdì 8 maggio 2009

Mario Caruso: più famoso di Vasari

Che tifoso del Foggia sei? Vecchio cuore rossonero.
Che personaggio di Romanzo Criminale? Il Libanese.
Che gruppo musicale del passato? I Guns'n' roses.
Che personaggio storico? La regina Maria Antonietta (?).
Le immense potenzialità di Facebook vanno scandagliate come un pozzo artesiano. Detto senza ironia alcuna, sia beninteso.

Le cinque persone famose nate il tuo stesso giorno.
Non ci avevo mai pensato.
Uno sguardo fuori, oltre la tenda trasparente della camera. Il sole disegna controre sul balcone di fronte. Rare macchine spazzano la strada. Uno sguardo all'orologio. Mancano ancora due ore al prossimo appuntamento lavorativo. Quasi, quasi. Ma si. Click. Condividi. Yes. Click.
La schermata non mi è d'aiuto. Ci sono le classiche cinque caselle vuote. Dovrei già sapere di cosa parlo, mi par di capire. Inserire da solo i personaggi. Caspita. Ma io non conosco gente nata il mio stesso giorno. L'unica è un'amica di Ceska, che però non è famosa. Non ancora, almeno. Ma sono in ballo e ballo.
Google mi rimanda a Wikipedia.
Non sapevo esistesse una pagina per i nati d'ogni singolo giorno. Ora lo so. Mi sono appassionato alla vicenda. È lo scopo di questo primo pomeriggio. Digito: 30 luglio. Click. Eccoli. Giorgio Vasari, pittore. Cazzo, bell'inizio. Ferdinando I de'Medici. Wow, idem. Guglielmo di Baden-Baden. Smorfia facciale, ma uno così così può capitare. Anna Eleonora di Assia-Darmstadt. Anche due. Carlo Archinto. E tre. Scrausi, direbbe mio fratello.
Il minimo. Una serie di perfetti sconosciuti, da Carlo Bellisomi, cardinale classe 1736 a Dipa Nusantara Aidit, politico indonesiano morto nel '65, copre lo spazio di duecento anni. Roba da rivalutare l'amica di Ceska. Accendo una sigaretta, tiro le prime somme: fino agli anni Trenta del Ventesimo secolo, il 30 luglio non è nato nessuno. Nel quiz dovrei inserire Vasari solo perché l'ho sentito nominare più volte di Richard Burdon Haldane, avvocato scozzese della seconda metà dell'Ottocento? O Ferdinando de'Medici, che però si confonde con tutti gli altri Medici, a cominciare dagli svariati Lorenzo e Cosimo, che manco Garcia Marquez? Magari questo Ferdinando non ha scritto neppure una poesia, non ha fatto costruire nessun ponte, non ha condotto il suo esercito in battaglia. Magari passa alla storia come un perfetto idiota. Deluso, affronto la china del Secolo breve. Scorro: Gava, D'Orsi, Giannantoni; gente senz'altro degnissima, luci rigogliose nel firmamento d'una qualche corporazione a me sconosciuta, ma tutti poco utili alla causa. Possibile? Gli occhi accelerano, alla ricerca di un nome che dia lustro alla mia data-anniversario: Nocita, il regista dei Promessi Sposi televisivi, Paul Anka, quello di You are my destiny. Che più famoso di Fedinando dei Medici lo è senz'altro. Poi Golia, Urbani, Hammond. E Schwarzenegger. Attore e politico austriaco (?). Spengo la cicca nel posacenere dello Stock 84. Rimugino. Dovrei scrivere Schwarzenegger? Ma no, è una questione di principio: Andy Luotto non è quello delle Quattro giornate di Napoli. Quello è Nanni Loy. E perché li confondo, allora? Nello Malizia, la riserva di Marconcini nel Perugia degli anni Settanta. Ecco, il vento comincia a girare. Salvatores, il regista, Elio delle Storie tese, persino un cosmonauta russo. Sapevo che la seconda metà del secolo appena trascorso avrebbe riservato qualche sorpresa. Mi rassereno. Un sorso di caffè tiepido nella tazza della Illy. Siamo al 1964, e tra un Fox che avevo scambiato per Samantha e un calciatore di calcetto brasiliano, c'è Jurgen Klinsmann. Ci siamo, sento che ci avviciniamo al colpaccio. Il '65, il '66 di Gannon, chitarrista britannico, il '67 di Riva, hockeysta che nasceva mentre alla Pirelli divampava l'incendio di classe. Suggestioni d'epoca. Per non parlare del '68 di Robert Korzeniowski, atleta polacco. Atleta di non so cosa, ma fa niente. Nel 1969 c'è Palach a Praga e Nixon a Roma. E quando l'uomo ha messo piede sulla luna da nove giorni, apprendo sempre da Wikipedia, vengono al mondo Simon Baker, attore australiano, Gordan Petrić, ex calciatore serbo e un tale Mario Caruso, ex calciatore italiano.

Caruso.

Oddio, penso, ma non sarà per caso quel Caruso. Quello che ricordo io. Frugo il pacchetto di Diana, alla ricerca della seconda sigaretta postprandiale. Uno sguardo all'orologio in basso sul desktop. C'è ancora tempo per approfondire la ricerca. Mario Caruso, nato a Trapani, inizia la sua carriera nella squadra della sua città natale ma viene subito acquistato dal Foggia dove viene allenato anche da Zdenek Zeman. Il rumore dell'accendino, il primo tiro, il fumo sullo schermo. Cazzo, è lui. Mario Caruso. Due gol tra l'Ottantasei e il Novantuno. Il Novantuno. Era nella rosa della promozione in B, dunque. Ed in quella dell'ascesa in A. Santo cielo! Che una cosa è dire: Nunziata-Signori-Fonte, altra cosa è Mario Caruso. Il suo volto mi sfugge. Si somma, come in un identikit sconclusionato, a quello di Abate, di Casale, di Lagrasta, di De Marco, nominato tempo fa a proposito del Parma di Benarrivo. Epica, Santi Numi!,epica! Lo Zaccheria gonfio come un bubbone, il Licata, il Vestuti. L'immaginario complessivo, consunto e consueto di quegli anni che torna a pungermi l'osso sacro, dopo aver fatto un giro atroce, passando per cineasti e filosofi. Immensi vortici del destino. Che ne è stato di Mario Caruso, mi domando, ormai senza poterne più fare a meno. Il Modena, poi il Napoli di Lippi, dove non trova spazio perché in quel 93/94 il Napoli ha una rosa di buoni giocatori. Poi il Parma, dove gioca solo in Coppa Italia. E di nuovo Modena, Lucca, in prestito. Con la maglia del Parma ha vinto la Coppa Uefa. C'è scritto. Caruso, tra gli eroi del 1995 parmense. Scuoto la testa, senza neppure accorgermene. Questo giocatore che confondo con mille altri gregari dell'epoca che tutti dicono d'oro della mia squadra, che ha concluso la sua carriera nel 2004 con la maglia della Maceratese, dopo aver bazzicato Ascoli, Giulianova, Sanbenedettese, Rieti e Vigor Senigallia, è nato il 30 luglio. Ho deciso: è lui il personaggio famoso che inserirò nella prima casella del quiz di Facebook. Mi dico, con giusta ragione. Un premio alla sua costanza, al suo lavoro infaticabile, da mediano alla Ligabue. Arrivare primo, fottere Vasari e Schwarzenegger, Petric e Golia. Un riconoscimento che non è da buttar via; un tributo che mi sento di dare, a questo campione invisibile.

Però poi scopro che anche Selvaggia Lucarelli è nata il mio stesso giorno. E allora, per pochi attimi, vado in crisi. Diviso tra l'omaggio che sento di dovere e l'immagine, che improvvisamente m'è risalita in mente, della blogger. Cazzo, la sera che fece il suo esordio in tv, ad una trasmissione con Gene Gnocchi, tra me e Angelo scattò la telefonata, come solo ai tempi della Imbruglia. Poi, ultimamente, ho visto che è anche dimagrita. Non come la Tommasi, che è scomparsa, che ha perso quanto di statuario la rendeva Tommasi. No, no, no, la Lucarelli è tornata ai fasti di un tempo. Anche di più, se possibile. E allora: Le cinque persone famose nate il tuo stesso giorno. Caruso a ruota. Gregario fino all'ultima pedalata.

di Francesco (www.illaerte.ilcannocchiale.it)

martedì 28 aprile 2009

Un altro se ne è andato...breve ricordo di Franco Rotella


42 anni. Melanoma. Dopo Gianluca Signorini e Fabrizio Gorin, scompare prematuramente un altro ex calciatore del Genoa. Già Marco Petrini, nel libro "Nel fango del Dio pallone", parlava di abusi di strane sostanze quando militava nel Genoa, alla fine degli anni '70. Il decesso potrebbe essere dovuto a cause legate all’uso di particolari farmaci o alla presenza di sostanze tossiche. Il pubblico ministero di Torino Raffaele Guariniello, che da tempo indaga sulle morti sospette nel calcio, ha chiesto la sua cartella clinica per ulteriori indagini. L'ombra falciforme della S.L.A. e delle malattie ad essa legata, resta sospesa sulle nostre teste, e su quelle di altri calciatori senz'altro sempre più spaventati, per dei rischi che mai avrebbero paventato. Dal 1983 al 1985, poi un anno nella società di Ferrara, la S.P.A.L., quindi fino al 1990: questo il lungo rapporto del genoano Rotella con i colori del Grifone. 82 presenze, 4 reti...il suo score complessivo. Per il resto, Triestina, Atalanta (con cui ha ottenuto una promozione in serie A), Pisa e per chiudere Imperia. Terminata la carriera da calciatore, ritorna nella sua città natale Genova dove trasmette la sua passione per il calcio a ragazzi e bambini diventando responsabile tecnico della scuola calcio e del settore giovanile degli Emiliani, società di calcio genovese. Ci ha lasciati lunedi 20 aprile.

giovedì 9 aprile 2009

Numeri 1: Certi geni non passano inosservati

Premesso che spero che il dibattito su Lorieri e le idee proposte nei commenti del precedente post non evaporino come neve al sole...(comprendo comunque che ci sono cose più serie a cui pensare)...Intanto, visto che eravamo in tema di portieri, mi sono ricordato di avere questa chicca...sarei uno stolto a non mostrarvela, farei un danno all'umanità...e si sa, la cultura va diffusa gratuitamente

martedì 7 aprile 2009

Numeri 1: Fabrizio Lorieri da Massa


Ci sono portieri che, pur non meritandolo, vincono. Per fortuna, scaltrezza, furfanteria. Esempi? Stefano Tacconi, Andrea Pazzagli, Christian Abbiati su tutti.
Ce ne sono altri, che pur meritandolo, hanno vinto un beato nulla. Fabrizio Lorieri è stato uno di questi. Perchè si sa, il portiere è l'ultimo baluardo di una squadra di calcio; è pur vero, d'altronde, che se oltre al baluardo ci sono dei caproni, non tutte le ciambelle riusciranno col buco. E' il caso del suo quadriennio ascolano, condito da due retrocessioni ovvie in B (in un caso trattavasi dell'Ascoli che fece peggio della Cremonese '91-'92. Prese 67 gol in 33 partite, anche perchè la linea difensiva annoverava pescatori del calibro di Antonio Aloisi, Luca Marcato e Rosario Pergolizzi...oltre al ridicolo Patrick Vervoort in mediana) e una promozione. Portiere estremamente sfortunato, se si considera che il fu professor Scoglio, nel Genoa del 2001, gli preferì in ben 5 occasioni lo scarnissimo e scarsissimo portiere tunisino Chokri El Ouaer (il quale fu immediatamente e non a torto rispedito in patria, subito dopo le dimissioni del Prof.). Grande promessa del calcio italiano degli anni '80, in pochi hanno creduto, sbagliando, in lui. Era dell'Inter, ma c'era il ragno Zenga. Così, pur di giocare, il buon Fabrizio, agile e longilineo, se ne andò a Piacenza in C1 e l'anno seguente (per 4 stagioni) al Torino in A, scamazzandosi con Luca Marchegiani e il baffuto quanto anonimo Renato Copparoni, per dieci interminabili anni secondo o terzo portiere granata (collezionò appena 21 presenze).
Visse il suo triennio di gloria in Salento, contribuendo a portare il Lecce dalla C1 alla A...ma la storia insegna. Il Lecce '97-'98, che si riaffaccia in massima serie, oltre al buon Lorieri (che ne prende 68 in 33 faticosissime gare) fa scendere in campo mestieranti occasionali quali Michael Hatz, Jean-Pierre Cyprien, Paolo Annoni e Giuseppe Baronchelli, un anzianissimo Giuseppe Giannini, nonchè gli inutili frombolieri Atelkin, Danny Dichio, Iannuzzi e De Francesco. La retrocessione è ovvia oltrechè un dovere morale. Finale di carriera in calando per il massese Fabrizio, che chiude nel Cuoiopelli Cappiano, per poi diventare il secondo di Gigi Cagni all'Empoli.
Uomo fedele al proprio credo, partecipa a corsi di formazione e preparazione per giovani portieri, nella speranza che questi nuovi virgulti non incappino in difese balorde quali quelle che il nostro eroe ha dovuto sopportare per un'intera carriera.


In sincerità, quanti di voi individuarono il portiere in questione nella copertina di quest'album Panini? Io lo sospettavo, ma il dubbio mi divideva tra Lorieri e Davide Micillo...

venerdì 3 aprile 2009

L’insostenibile leggerezza di quella Cremonese

Finì penultima e non passerà di certo alla storia. Ma la Cremonese del 91/92 aveva un suo fascino, una propria mediocrità tutta speciale. Forse per via di quei capelloni ricci e zazzeruti che vestivano la sua celebre casacca grigio “pigiama” su rosso “kitch” (in quella stagione esaltata dall’inedito sponsor “Costruzioni Andreotti”). Come Gigi Gualco (bandiera grigio-rossa), Ruben Pereira (fumosa mezzala di Montevideo cui immediatamente soffiò la maglia il giovanissimo Lombardini) e il sempre dimenticato Alviero Chiorri (ala mancina da mezzo gol a campionato). O forse per quel Michelangelo Rampulla, futuro secondo portiere ad oltranza della Juve, il quale svettò di testa in un clamoroso Cremonese - Atalanta, al novantesimo, pareggiando il vantaggio bergamasco ed entrando nella storia dei portieri goleador. Chissà.
Ad ogni modo, all’allora presidente Domenico Luzzara non va negato il coraggio di aver creduto nei giovani, forse anche troppo. Mauro Bonomi (una buona carriera tra Lazio e Napoli), Beppe Favalli (nazionale col Trap e ancora oggi al Milan) e Dario Marcolin (esperto “8” della Lazio) furono soltanto alcuni dei ventenni lanciati in prima squadra quell’anno. A loro si aggiungono il succitato Lombardini (poi “evaporato in una nuvola rossa…” come direbbe Faber) e il bravo Riccardino Maspero, che molti ricorderanno in una successiva “Cremonese champagne” targata Fascetti e Tentoni. A controbilanciare, e troppo, questo gruppetto di buone promesse c’era un’orda di vecchietti che pensò male di svernare gli ultimi anni di carriera in quella “leggiadra” Cremona, affossandola nel fondo della classifica. Gente come Corrado Verdelli (ex Inter), il baffuto Piccioni, l’imbalsamato Gigi Garzilli e il falloso Agostino Iacobelli. Il gap fu, per l’appunto, insostenibile.
E a nulla servì il solito apporto del bomber Gustavo Abel Dezotti, 9 reti quell’anno, nazionale argentino con Maradona e Caniggia. Né le 4 misere reti dello sloveno Florijancic (finì alla Fidelis Andria qualche stagione dopo), o le buone progressioni di Giandebiaggi. Peggio di quella Cremonese fece solo l’Ascoli, con 14 punti. E la B, inesorabile e matematica, arrivò molto prima della fine della stagione.

di Alessandro Galano

Nella foto: l'emblematico Enrico Piccioni. Si può notare, bellamente, il discutibile sponsor di cui nell'articolo.

mercoledì 25 marzo 2009

Numeri 4: Luca Fusi da Lecco


Certe follie, in quanto tali, vengono così, per puro caso.
Domenica 22 marzo, stadio Pino Zaccheria, si gioca Foggia – Real Marcianise.
Dalle mie parti, in Curva Sud, giunge una fanzine con le rose delle due squadre, allenatori inclusi.
La sfoglio. La foto è illuminante. Luca Fusi! L’avevo dimenticato, ma lui, il grande, il butterato Luca Fusi, è il tecnico dei casertani. Ho sempre avuto un feeling particolare per questo giocatore dall’espressione mansueta, che dimostrava sempre più anni di quanti ne aveva. E poi, è nato il 7 giugno. Come me. Solo 18 anni prima. L’alchimia sarà nata da ciò.
Luca Fusi, un nome e un cognome entrambi di quattro lettere. Quasi ovvio, per uno che ovunque abbia giocato, lo ha fatto sempre col numero 4.
Ha cominciato a Como, città di quattro lettere. Cinque stagioni tra serie A e B, l’ultima delle quali arrivò a giocarsi, perdendo, la semifinale di Coppa Italia con la Sampdoria. In totale, 125 presenze, 5 gol. Nell’86 la svolta. Acquistato proprio dalla Sampdoria, rimane due stagioni (sempre presente in Campionato), il tempo di vincere la Coppa Italia, prima di laurearsi campione d’Italia con il Napoli. Chiuderà la carriera a Lugano, dopo varie stagioni sotto la Mole, vestendo entrambe le casacche. Di lui si ricorda un gol spettacolare in Coppa UEFA contro il Real Madrid, quando giocava con il Torino. Ma per me, Luca Fusi, è soprattutto il suo viso e la sua espressione. E forse, dopo il 22 marzo, l'ideatore involontario di una nuova, improbabile, rivedibile rubrica.

Una curiosità, sulla quale magari tornerò in seguito: Fausto Pari, Paul Ince, Sandro Cois, Alessandro Pane, Andrea Seno... tutti giocatori che indossavano “la numero 4”, tutti con un cognome di quattro lettere.

Nella foto: il soggetto di questo post.

domenica 22 marzo 2009

L'emozione di Ale



Maniaci di calcio si diventa. Grazie a qualcosa di diverso in ognuno di noi. Questa la testimonianza dell'amico Alessandro.

Senza nessuna pretesa giornalistica, vorrei lasciare solo un’emozione. Apro il cuore al blog, prima di tutto. E narro in prima persona, sia concesso.
La mia emozione si chiama Beppe Signori e il giorno che vorrei ricordare è una domenica autunnale in cui quello che era soltanto un giocatore divenne per me, bambino, un idolo.
Foggia –Atalanta. Campionato 91/92, serie A, naturalmente. Allo Zaccheria, dopo mezzora i prodigiosi di Zeman sono sotto di due gol. Una zampata di Carletto Perrone e una sfortunata deviazione in barriera di Matrecano su punizione di Glenn Peter Stromberg, hanno messo sotto i satanelli. Un’Atalanta corsara quella del 91’, va detto, allenata da un volpone come Bruno Giorgi il quale più volte, in futuro, avrebbe imbavagliato i tridenti di Zeman (vedi Foggia – Cagliari 0-1 del 93/94, gol al minuto ‘90 del dinoccolato Julio Cesar Dely Valdes, il ragazzo di Panama).
Ad un tratto però, credo verso la fine del primo tempo (cito a memoria, siate buoni) dalla sinistra un non identificato esterno (a naso dovrebbe essere Maurizio Codispoti) scodella in aria con un colpo di testa un pallone interessante. Io ero con mio padre, come sempre. Seduto in gradinata e molto lontano dall’aria di rigore in cui avveniva il miracolo (era opinione condivisa da entrambi che fosse sempre meglio vedersi bene il secondo tempo, piuttosto che il primo). Eppure, anche da lì, riuscii a bagnarmi gli occhi con quella meraviglia zingara, per non dimenticarla mai più.
La sfera rimbalza al centro dell’aria di rigore, dalla destra si avventano Signori e Rambaudi, il quale arriverà per sempre secondo su quel pallone. La retroguardia nerazzurra (per l’occasione in casacca bianca) si decompone all’altezza del rigore, i ribaldi Minaudo e Bigliardi si scontreranno quasi, nel vano tentativo di capire da dove sia passato il pallone e come abbia fatto quel giovanotto di 169 centimetri a prendersi gioco di loro. Beppe dà loro le spalle e in un fazzoletto tenta quello che per me è sempre stato un gesto sacro, tanto da bambino che adesso. Nel breve attimo di incoscienza che precede ogni atto clamoroso l’uomo si leva in aria, smuove il vento con le gambe e attraverso il suo piede mancino diventa per me, bimbo, Dio. La rovesciata.
Il gol non lo capii più di tanto là per là. Non compresi il punteggio, l’importanza di aver accorciato le distanze prima della fine del primo tempo e altri tecnicismi simili. Persi di vista la partita, come un profano. Ma aprii il mio cuore.
Stupidamente presi a chiedere conferma a mio padre, se Signori avesse segnato davvero in rovesciata, “ma veramente in rovesciata”, come ripetevo. E lui “sì”, “sì, a’papà, sì”, come se fosse una cosa normale. Per me non lo era, normale. Affatto. Per un bambino cresciuto a “pane e Holly e Benji” la rovesciata è un atto sacro. È un gesto stregonesco, una meraviglia possibile solo al più bravo di tutti, al numero uno. Ad Holly, a Roberto (il procuratore brasiliano che partiva sempre), a Maradona. E a Pelé. Certo l’anno prima, lo confesso, quando il Foggia tramortiva la serie B, avevo visto una rovesciata del giovane Renato Buso, allora alla Fiorentina, insaccarsi in rete, in uno strambo 4-1 per i viola. La cosa mi aveva stupito non poco (all’epoca non potevo comprendere l’animo democratico ed egualitario del gol). Ma Buso era una riserva e la cosa servì a non destabilizzarmi, tanto che attribuii quell’episodio alla fortuna.
Il gol di Signori fu tutt’altra cosa. Fu un evento.
Il fatto che il numero undici della mia squadra del cuore avesse segnato un gol in rovesciata davanti ai miei occhi era un qualcosa che avrebbe potuto cambiarmi la vita. E me l’ha cambiata, infatti. Da quel giorno Beppe Signori divenne il mio idolo: mi feci crescere i capelli come lui, presi a giocare i attacco, imitai la sua firma (quella S gigante al centro, tra il nome e il cognome). Da allora, non l’ho più dimenticato.
Quella partita poi finì 3-2 per l’Atalanta, ma a me non importò più di tanto. Al primo gol di Signori seguì un missile di Picasso proprio all’inizio del secondo tempo, che fece 2-2. Al che, mio padre vaticinò: “e juc’t mò! (trad. “giocate adesso!”, come a dire: “vediamo che sapete fare ora, di nuovo in parità!”, rivolto agli avversari). La risposta non si fece attendere. Carletto Perrone (classe ’60) sgattaiolò alla sua maniera sulla sinistra e in un contropiede micidiale beffò per la terza volta Franco Mancini. 3-2 Per loro, pazienza.
Nonostante tutto, io me ne tornai a casa diverso, completamente stravolto.
Per la prima volta nella mia vita, avevo un mito.

Foto: La rovesciata di Signori in Pisa-Foggia (serie B, 90-91). Si scorge, in primo piano, Alessandro Calori.

mercoledì 18 marzo 2009

Waiting for a scarf





L'amica Valderrama è a Londra. Come regalo ci ha promesso una sciarpa del Tottenham. E allora...

Il Tottenham Hotspur Football Club (IPA: /ˈtɒʔnəm/), noto come Tottenham F.C. o semplicemente Tottenham, è una società di calcio avente sede nell'omonimo quartiere di Londra, in Inghilterra. Milita in Premier League e disputa le partite interne nello stadio White Hart Lane, che ha una capacità di 36 237 posti.
I calciatori sono conosciuti come Spurs o anche come Lilywhites, mentre il motto del club è Audere est Facere, in inglese To dare is to do, che in entrambe le traduzioni significa "Osare è fare".

Il Tottenham è da sempre una delle squadre inglesi più importanti e una di quelle più sostenute oltre Manica. Nella stagione 1960-1961 diventò la prima squadra del XX secolo a conquistare il double, vincendo FA Cup e Premier League e raggiungendo il record di 115 gol segnati. Quell'anno il Tottenham riuscì a vincere le prime 11 gare consecutivamente. Due anni dopo il primo trofeo europeo vinto, la Coppa delle Coppe 1962-1963, fece diventare il Tottenham la prima compagine inglese capace di vincere una competizione continentale. In ambito europeo ha vinto anche due Coppe Uefa (1971-1972, 1983-1984) , tra cui la prima edizione della competizione sotto il controllo della confederazione continentale, nel 1972. La prima FA Cup vinta dagli Spurs, nel 1901, fu l'unica conquistata da una squadra che non militava in alcun campionato.

Il Tottenham vive un'accesa quanto storica rivalità con i vicini Gunners dell'Arsenal. Entrambe le squadre, con sede nel nord di Londra, danno vita al North London derby, un'accesa sfida che finora ha visto prevalere l'Arsenal, sia in Premier League che in FA Cup e League Cup. La rivalità con l'Arsenal nacque, o per lo meno si inasprì, nel lontano 1919 quando i Gunners, giunti sesti in Second Division (allora l'equivalente della Serie B italiana), furono promossi in First Division al posto del Tottenham. In seconda divisione comunque il Tottenham si fece valere, costruendo un team capace di vincere, l'anno dopo, la seconda FA Cup della propria storia, nella finale con il Wolverhampton per 1-0 allo Stamford Bridge.

Inumeri i calciatori celebri transitati per il White Hart Lane, qui ci basta citare il Campione Mondiale del 1966 Alf Ramsey, l'ormai spugna vivente Paul Gascoigne, i rispettabili centravanti Gary Lineker e Teddy Sheringam, il francese David Ginola e il biondissimo Jurgen Klinsmann. Ma forse pochi ricordano che a North London chiuse la carriera quel mattacchione di Nicolino Berti, e che qui giocò anche l'indimenticato portiere norvegese Erik Thorsvedt, quasi un sosia del mitico Peter Schmeichel.

Foto: la "North Stand" del White Hart Lane.

sabato 14 marzo 2009

Torna a Surriento


Domani, Sorrento - Foggia, allo stadio "Italia", valevole per il campionato di Lega Pro divisione Uno, girone B. E allora carrellata storica e giocatori recenti della squadra dei limoni.

Il Sorrento Calcio fu fondato nel 1945.

Nel 1949 si iscrisse al Campionato di promozione dove rimase fino alla stagione 1967-68, anno in cui si classificò primo e venne promosso in Serie D.

L'anno succesivo il Sorrento disputò un ottimo campionato arrivando ancora una volta primo in classifica a parimerito con la Turris e venendo promosso in Serie C dopo aver vinto proprio contro la squadra corallina uno spareggio in gara unica disputatosi al "Flaminio" di Roma:vittoria rossonera per 1-0, gol siglato da Sani.

Nella stagione 1970-71 il Sorrento giunse di nuovo primo e venne promosso in Serie B. In quell'anno il portiere Gridelli raggiunse il record di imbattibilità con 1537 minuti. L'allenatore di quella compagine era Giancarlo Vitali.

Il primo campionato in Serie B (con in squadra il giovanissimo Giuseppe Bruscolotti protagonista in A nel Napoli di Maradona) fu però disastroso per i sorrentini che arrivarono penultimi in classifica dopo però aver svolto un girone di ritorno a ritmo promozione. Le gare casalinghe in quell'anno si giocarono al "San Paolo" di Napoli. Il costieri retrocessero in Serie C , dove restarono fino al 1977-78, anno della retrocessione in Serie C-2.

Nel campionato 2005-2006 ha ottenuto la promozione dalla Serie D alla Serie C2 e si è aggiudicata la Coppa Italia Dilettanti battendo in finale il Giarre ed in semifinale con goleada i campioncini del programma televisivo "Campioni il sogno" del Cervia, allenati da Ciccio Graziani.

Nella stagione 2006/2007, il Sorrento vince il campionato ed accede alla Serie C1; nello stesso anno vince la Supercoppa di Lega Serie C2, posizionandosi al primo posto nella classifica a tre con 4 punti totali dinanzi a Legnano secondo con 3 punti (sconfitto per 1-0 a Sorrento) e a Foligno.

Nella stagione 2007/2008 viene sconfitto nella seconda giornata di campionato in casa dal Potenza per 0-1; in questa occasione il Sorrento perde la lunghissima imbattibilità casalinga che durava dal 1 maggio 2004 (Sorrento-Paganese 1-2). Dopo 72 risultati utili consecutivi interni in gare ufficiali e dopo tre anni, quattro mesi ed un giorno si chiude la striscia vincente che potenzialmente poteva eguagliare le 58 gare ufficiali di campionato senza sconfitte interne del Milan, interrottesi nel 1993. Dopo vari alti e bassi, giunge un piazzamento a ridosso della zona alta della classifica.

Formazione di tutto rispetto, quella della stagione in corso, con giocatori(alcuni discutibili altri improbabili) del calibro dell'impalpabile e sempre discusso Jimmy Fialdini (ex-Lucchese in serie B), il sempiterno, vicino ai 45 anni Federico Giampaolo (fratello di Marco, allenatore del Siena), l'ex-Verona Florjan Mirtaj (che già ha punito il Foggia Calcio nel ritorno di semifinale di Coppa Italia di Serie C, domenica 8 marzo), l'ex portiere del Foggia Domenico Botticella e Cristian Agnelli (anche lui un ex). Non ultimo, una vecchia conoscenza del calcio partenopeo, il più delle volte dimenticato Luigi Panarelli.

Nella foto, lo stadio "Italia"

giovedì 12 marzo 2009

Quel glorioso Novara...


Domenica 8 marzo, ha perso l'accesso alla tanto agognata finale di Coppa Italia di Serie C (0-1 e 1-1 contro la Cremonese).
Ma il Novara, sappiamo, ha vissuto tempi più degni, e lottato per obiettivi maggiori.
Ricordiamo gli otto anni di serie A tra il 1948 e il 1956, grazie a quel fromboliere che fu Silvio Piola.
Attualmente, è in Lega Pro divisione Uno, gruppo A.
Ma a noi piace ricordare un altro Novara, quello glorioso del 1995-96 quando ottenne il passaggio dalla allora serie C/2 alla serie C/1.
Questa la formazione tipo (udite udite):
(4-4-2): Bini, Turato, Pedretti, Papais, Venturi, Casabianca, Di Muri, M.Pellegrini, S.Inzaghi, Biagianti, Borgobello.

Indubbiamente, formazione di tutto rispetto. I più sobri si chiederanno se quei "S.Inzaghi" e "Borgobello" siano proprio loro...ebbene si.
Ma chi ricorda (o meglio chi scorda) personaggi del calibro di Giorgio Papais (in A col Piacenza 93-94, 29 presenze 4 reti), Augusto Di Muri (Bari 92-93, ha chiuso nel Fo.Ce.Vara nel 2005), Andrea Turato (nel Padova di Lalas, 97-98) o il portiere Christian Bini (per due stagioni secondo di Gianluca Berti nell'Empoli , giramondo di tutta la Romagna - Russi, Centese, Bologna)?

Nota di cronaca, il Novara gioca le partite casalinghe al "Silvio Piola". (foto)