mercoledì 25 marzo 2009

Numeri 4: Luca Fusi da Lecco


Certe follie, in quanto tali, vengono così, per puro caso.
Domenica 22 marzo, stadio Pino Zaccheria, si gioca Foggia – Real Marcianise.
Dalle mie parti, in Curva Sud, giunge una fanzine con le rose delle due squadre, allenatori inclusi.
La sfoglio. La foto è illuminante. Luca Fusi! L’avevo dimenticato, ma lui, il grande, il butterato Luca Fusi, è il tecnico dei casertani. Ho sempre avuto un feeling particolare per questo giocatore dall’espressione mansueta, che dimostrava sempre più anni di quanti ne aveva. E poi, è nato il 7 giugno. Come me. Solo 18 anni prima. L’alchimia sarà nata da ciò.
Luca Fusi, un nome e un cognome entrambi di quattro lettere. Quasi ovvio, per uno che ovunque abbia giocato, lo ha fatto sempre col numero 4.
Ha cominciato a Como, città di quattro lettere. Cinque stagioni tra serie A e B, l’ultima delle quali arrivò a giocarsi, perdendo, la semifinale di Coppa Italia con la Sampdoria. In totale, 125 presenze, 5 gol. Nell’86 la svolta. Acquistato proprio dalla Sampdoria, rimane due stagioni (sempre presente in Campionato), il tempo di vincere la Coppa Italia, prima di laurearsi campione d’Italia con il Napoli. Chiuderà la carriera a Lugano, dopo varie stagioni sotto la Mole, vestendo entrambe le casacche. Di lui si ricorda un gol spettacolare in Coppa UEFA contro il Real Madrid, quando giocava con il Torino. Ma per me, Luca Fusi, è soprattutto il suo viso e la sua espressione. E forse, dopo il 22 marzo, l'ideatore involontario di una nuova, improbabile, rivedibile rubrica.

Una curiosità, sulla quale magari tornerò in seguito: Fausto Pari, Paul Ince, Sandro Cois, Alessandro Pane, Andrea Seno... tutti giocatori che indossavano “la numero 4”, tutti con un cognome di quattro lettere.

Nella foto: il soggetto di questo post.

domenica 22 marzo 2009

L'emozione di Ale



Maniaci di calcio si diventa. Grazie a qualcosa di diverso in ognuno di noi. Questa la testimonianza dell'amico Alessandro.

Senza nessuna pretesa giornalistica, vorrei lasciare solo un’emozione. Apro il cuore al blog, prima di tutto. E narro in prima persona, sia concesso.
La mia emozione si chiama Beppe Signori e il giorno che vorrei ricordare è una domenica autunnale in cui quello che era soltanto un giocatore divenne per me, bambino, un idolo.
Foggia –Atalanta. Campionato 91/92, serie A, naturalmente. Allo Zaccheria, dopo mezzora i prodigiosi di Zeman sono sotto di due gol. Una zampata di Carletto Perrone e una sfortunata deviazione in barriera di Matrecano su punizione di Glenn Peter Stromberg, hanno messo sotto i satanelli. Un’Atalanta corsara quella del 91’, va detto, allenata da un volpone come Bruno Giorgi il quale più volte, in futuro, avrebbe imbavagliato i tridenti di Zeman (vedi Foggia – Cagliari 0-1 del 93/94, gol al minuto ‘90 del dinoccolato Julio Cesar Dely Valdes, il ragazzo di Panama).
Ad un tratto però, credo verso la fine del primo tempo (cito a memoria, siate buoni) dalla sinistra un non identificato esterno (a naso dovrebbe essere Maurizio Codispoti) scodella in aria con un colpo di testa un pallone interessante. Io ero con mio padre, come sempre. Seduto in gradinata e molto lontano dall’aria di rigore in cui avveniva il miracolo (era opinione condivisa da entrambi che fosse sempre meglio vedersi bene il secondo tempo, piuttosto che il primo). Eppure, anche da lì, riuscii a bagnarmi gli occhi con quella meraviglia zingara, per non dimenticarla mai più.
La sfera rimbalza al centro dell’aria di rigore, dalla destra si avventano Signori e Rambaudi, il quale arriverà per sempre secondo su quel pallone. La retroguardia nerazzurra (per l’occasione in casacca bianca) si decompone all’altezza del rigore, i ribaldi Minaudo e Bigliardi si scontreranno quasi, nel vano tentativo di capire da dove sia passato il pallone e come abbia fatto quel giovanotto di 169 centimetri a prendersi gioco di loro. Beppe dà loro le spalle e in un fazzoletto tenta quello che per me è sempre stato un gesto sacro, tanto da bambino che adesso. Nel breve attimo di incoscienza che precede ogni atto clamoroso l’uomo si leva in aria, smuove il vento con le gambe e attraverso il suo piede mancino diventa per me, bimbo, Dio. La rovesciata.
Il gol non lo capii più di tanto là per là. Non compresi il punteggio, l’importanza di aver accorciato le distanze prima della fine del primo tempo e altri tecnicismi simili. Persi di vista la partita, come un profano. Ma aprii il mio cuore.
Stupidamente presi a chiedere conferma a mio padre, se Signori avesse segnato davvero in rovesciata, “ma veramente in rovesciata”, come ripetevo. E lui “sì”, “sì, a’papà, sì”, come se fosse una cosa normale. Per me non lo era, normale. Affatto. Per un bambino cresciuto a “pane e Holly e Benji” la rovesciata è un atto sacro. È un gesto stregonesco, una meraviglia possibile solo al più bravo di tutti, al numero uno. Ad Holly, a Roberto (il procuratore brasiliano che partiva sempre), a Maradona. E a Pelé. Certo l’anno prima, lo confesso, quando il Foggia tramortiva la serie B, avevo visto una rovesciata del giovane Renato Buso, allora alla Fiorentina, insaccarsi in rete, in uno strambo 4-1 per i viola. La cosa mi aveva stupito non poco (all’epoca non potevo comprendere l’animo democratico ed egualitario del gol). Ma Buso era una riserva e la cosa servì a non destabilizzarmi, tanto che attribuii quell’episodio alla fortuna.
Il gol di Signori fu tutt’altra cosa. Fu un evento.
Il fatto che il numero undici della mia squadra del cuore avesse segnato un gol in rovesciata davanti ai miei occhi era un qualcosa che avrebbe potuto cambiarmi la vita. E me l’ha cambiata, infatti. Da quel giorno Beppe Signori divenne il mio idolo: mi feci crescere i capelli come lui, presi a giocare i attacco, imitai la sua firma (quella S gigante al centro, tra il nome e il cognome). Da allora, non l’ho più dimenticato.
Quella partita poi finì 3-2 per l’Atalanta, ma a me non importò più di tanto. Al primo gol di Signori seguì un missile di Picasso proprio all’inizio del secondo tempo, che fece 2-2. Al che, mio padre vaticinò: “e juc’t mò! (trad. “giocate adesso!”, come a dire: “vediamo che sapete fare ora, di nuovo in parità!”, rivolto agli avversari). La risposta non si fece attendere. Carletto Perrone (classe ’60) sgattaiolò alla sua maniera sulla sinistra e in un contropiede micidiale beffò per la terza volta Franco Mancini. 3-2 Per loro, pazienza.
Nonostante tutto, io me ne tornai a casa diverso, completamente stravolto.
Per la prima volta nella mia vita, avevo un mito.

Foto: La rovesciata di Signori in Pisa-Foggia (serie B, 90-91). Si scorge, in primo piano, Alessandro Calori.

mercoledì 18 marzo 2009

Waiting for a scarf





L'amica Valderrama è a Londra. Come regalo ci ha promesso una sciarpa del Tottenham. E allora...

Il Tottenham Hotspur Football Club (IPA: /ˈtɒʔnəm/), noto come Tottenham F.C. o semplicemente Tottenham, è una società di calcio avente sede nell'omonimo quartiere di Londra, in Inghilterra. Milita in Premier League e disputa le partite interne nello stadio White Hart Lane, che ha una capacità di 36 237 posti.
I calciatori sono conosciuti come Spurs o anche come Lilywhites, mentre il motto del club è Audere est Facere, in inglese To dare is to do, che in entrambe le traduzioni significa "Osare è fare".

Il Tottenham è da sempre una delle squadre inglesi più importanti e una di quelle più sostenute oltre Manica. Nella stagione 1960-1961 diventò la prima squadra del XX secolo a conquistare il double, vincendo FA Cup e Premier League e raggiungendo il record di 115 gol segnati. Quell'anno il Tottenham riuscì a vincere le prime 11 gare consecutivamente. Due anni dopo il primo trofeo europeo vinto, la Coppa delle Coppe 1962-1963, fece diventare il Tottenham la prima compagine inglese capace di vincere una competizione continentale. In ambito europeo ha vinto anche due Coppe Uefa (1971-1972, 1983-1984) , tra cui la prima edizione della competizione sotto il controllo della confederazione continentale, nel 1972. La prima FA Cup vinta dagli Spurs, nel 1901, fu l'unica conquistata da una squadra che non militava in alcun campionato.

Il Tottenham vive un'accesa quanto storica rivalità con i vicini Gunners dell'Arsenal. Entrambe le squadre, con sede nel nord di Londra, danno vita al North London derby, un'accesa sfida che finora ha visto prevalere l'Arsenal, sia in Premier League che in FA Cup e League Cup. La rivalità con l'Arsenal nacque, o per lo meno si inasprì, nel lontano 1919 quando i Gunners, giunti sesti in Second Division (allora l'equivalente della Serie B italiana), furono promossi in First Division al posto del Tottenham. In seconda divisione comunque il Tottenham si fece valere, costruendo un team capace di vincere, l'anno dopo, la seconda FA Cup della propria storia, nella finale con il Wolverhampton per 1-0 allo Stamford Bridge.

Inumeri i calciatori celebri transitati per il White Hart Lane, qui ci basta citare il Campione Mondiale del 1966 Alf Ramsey, l'ormai spugna vivente Paul Gascoigne, i rispettabili centravanti Gary Lineker e Teddy Sheringam, il francese David Ginola e il biondissimo Jurgen Klinsmann. Ma forse pochi ricordano che a North London chiuse la carriera quel mattacchione di Nicolino Berti, e che qui giocò anche l'indimenticato portiere norvegese Erik Thorsvedt, quasi un sosia del mitico Peter Schmeichel.

Foto: la "North Stand" del White Hart Lane.

sabato 14 marzo 2009

Torna a Surriento


Domani, Sorrento - Foggia, allo stadio "Italia", valevole per il campionato di Lega Pro divisione Uno, girone B. E allora carrellata storica e giocatori recenti della squadra dei limoni.

Il Sorrento Calcio fu fondato nel 1945.

Nel 1949 si iscrisse al Campionato di promozione dove rimase fino alla stagione 1967-68, anno in cui si classificò primo e venne promosso in Serie D.

L'anno succesivo il Sorrento disputò un ottimo campionato arrivando ancora una volta primo in classifica a parimerito con la Turris e venendo promosso in Serie C dopo aver vinto proprio contro la squadra corallina uno spareggio in gara unica disputatosi al "Flaminio" di Roma:vittoria rossonera per 1-0, gol siglato da Sani.

Nella stagione 1970-71 il Sorrento giunse di nuovo primo e venne promosso in Serie B. In quell'anno il portiere Gridelli raggiunse il record di imbattibilità con 1537 minuti. L'allenatore di quella compagine era Giancarlo Vitali.

Il primo campionato in Serie B (con in squadra il giovanissimo Giuseppe Bruscolotti protagonista in A nel Napoli di Maradona) fu però disastroso per i sorrentini che arrivarono penultimi in classifica dopo però aver svolto un girone di ritorno a ritmo promozione. Le gare casalinghe in quell'anno si giocarono al "San Paolo" di Napoli. Il costieri retrocessero in Serie C , dove restarono fino al 1977-78, anno della retrocessione in Serie C-2.

Nel campionato 2005-2006 ha ottenuto la promozione dalla Serie D alla Serie C2 e si è aggiudicata la Coppa Italia Dilettanti battendo in finale il Giarre ed in semifinale con goleada i campioncini del programma televisivo "Campioni il sogno" del Cervia, allenati da Ciccio Graziani.

Nella stagione 2006/2007, il Sorrento vince il campionato ed accede alla Serie C1; nello stesso anno vince la Supercoppa di Lega Serie C2, posizionandosi al primo posto nella classifica a tre con 4 punti totali dinanzi a Legnano secondo con 3 punti (sconfitto per 1-0 a Sorrento) e a Foligno.

Nella stagione 2007/2008 viene sconfitto nella seconda giornata di campionato in casa dal Potenza per 0-1; in questa occasione il Sorrento perde la lunghissima imbattibilità casalinga che durava dal 1 maggio 2004 (Sorrento-Paganese 1-2). Dopo 72 risultati utili consecutivi interni in gare ufficiali e dopo tre anni, quattro mesi ed un giorno si chiude la striscia vincente che potenzialmente poteva eguagliare le 58 gare ufficiali di campionato senza sconfitte interne del Milan, interrottesi nel 1993. Dopo vari alti e bassi, giunge un piazzamento a ridosso della zona alta della classifica.

Formazione di tutto rispetto, quella della stagione in corso, con giocatori(alcuni discutibili altri improbabili) del calibro dell'impalpabile e sempre discusso Jimmy Fialdini (ex-Lucchese in serie B), il sempiterno, vicino ai 45 anni Federico Giampaolo (fratello di Marco, allenatore del Siena), l'ex-Verona Florjan Mirtaj (che già ha punito il Foggia Calcio nel ritorno di semifinale di Coppa Italia di Serie C, domenica 8 marzo), l'ex portiere del Foggia Domenico Botticella e Cristian Agnelli (anche lui un ex). Non ultimo, una vecchia conoscenza del calcio partenopeo, il più delle volte dimenticato Luigi Panarelli.

Nella foto, lo stadio "Italia"

giovedì 12 marzo 2009

Quel glorioso Novara...


Domenica 8 marzo, ha perso l'accesso alla tanto agognata finale di Coppa Italia di Serie C (0-1 e 1-1 contro la Cremonese).
Ma il Novara, sappiamo, ha vissuto tempi più degni, e lottato per obiettivi maggiori.
Ricordiamo gli otto anni di serie A tra il 1948 e il 1956, grazie a quel fromboliere che fu Silvio Piola.
Attualmente, è in Lega Pro divisione Uno, gruppo A.
Ma a noi piace ricordare un altro Novara, quello glorioso del 1995-96 quando ottenne il passaggio dalla allora serie C/2 alla serie C/1.
Questa la formazione tipo (udite udite):
(4-4-2): Bini, Turato, Pedretti, Papais, Venturi, Casabianca, Di Muri, M.Pellegrini, S.Inzaghi, Biagianti, Borgobello.

Indubbiamente, formazione di tutto rispetto. I più sobri si chiederanno se quei "S.Inzaghi" e "Borgobello" siano proprio loro...ebbene si.
Ma chi ricorda (o meglio chi scorda) personaggi del calibro di Giorgio Papais (in A col Piacenza 93-94, 29 presenze 4 reti), Augusto Di Muri (Bari 92-93, ha chiuso nel Fo.Ce.Vara nel 2005), Andrea Turato (nel Padova di Lalas, 97-98) o il portiere Christian Bini (per due stagioni secondo di Gianluca Berti nell'Empoli , giramondo di tutta la Romagna - Russi, Centese, Bologna)?

Nota di cronaca, il Novara gioca le partite casalinghe al "Silvio Piola". (foto)