domenica 22 marzo 2009

L'emozione di Ale



Maniaci di calcio si diventa. Grazie a qualcosa di diverso in ognuno di noi. Questa la testimonianza dell'amico Alessandro.

Senza nessuna pretesa giornalistica, vorrei lasciare solo un’emozione. Apro il cuore al blog, prima di tutto. E narro in prima persona, sia concesso.
La mia emozione si chiama Beppe Signori e il giorno che vorrei ricordare è una domenica autunnale in cui quello che era soltanto un giocatore divenne per me, bambino, un idolo.
Foggia –Atalanta. Campionato 91/92, serie A, naturalmente. Allo Zaccheria, dopo mezzora i prodigiosi di Zeman sono sotto di due gol. Una zampata di Carletto Perrone e una sfortunata deviazione in barriera di Matrecano su punizione di Glenn Peter Stromberg, hanno messo sotto i satanelli. Un’Atalanta corsara quella del 91’, va detto, allenata da un volpone come Bruno Giorgi il quale più volte, in futuro, avrebbe imbavagliato i tridenti di Zeman (vedi Foggia – Cagliari 0-1 del 93/94, gol al minuto ‘90 del dinoccolato Julio Cesar Dely Valdes, il ragazzo di Panama).
Ad un tratto però, credo verso la fine del primo tempo (cito a memoria, siate buoni) dalla sinistra un non identificato esterno (a naso dovrebbe essere Maurizio Codispoti) scodella in aria con un colpo di testa un pallone interessante. Io ero con mio padre, come sempre. Seduto in gradinata e molto lontano dall’aria di rigore in cui avveniva il miracolo (era opinione condivisa da entrambi che fosse sempre meglio vedersi bene il secondo tempo, piuttosto che il primo). Eppure, anche da lì, riuscii a bagnarmi gli occhi con quella meraviglia zingara, per non dimenticarla mai più.
La sfera rimbalza al centro dell’aria di rigore, dalla destra si avventano Signori e Rambaudi, il quale arriverà per sempre secondo su quel pallone. La retroguardia nerazzurra (per l’occasione in casacca bianca) si decompone all’altezza del rigore, i ribaldi Minaudo e Bigliardi si scontreranno quasi, nel vano tentativo di capire da dove sia passato il pallone e come abbia fatto quel giovanotto di 169 centimetri a prendersi gioco di loro. Beppe dà loro le spalle e in un fazzoletto tenta quello che per me è sempre stato un gesto sacro, tanto da bambino che adesso. Nel breve attimo di incoscienza che precede ogni atto clamoroso l’uomo si leva in aria, smuove il vento con le gambe e attraverso il suo piede mancino diventa per me, bimbo, Dio. La rovesciata.
Il gol non lo capii più di tanto là per là. Non compresi il punteggio, l’importanza di aver accorciato le distanze prima della fine del primo tempo e altri tecnicismi simili. Persi di vista la partita, come un profano. Ma aprii il mio cuore.
Stupidamente presi a chiedere conferma a mio padre, se Signori avesse segnato davvero in rovesciata, “ma veramente in rovesciata”, come ripetevo. E lui “sì”, “sì, a’papà, sì”, come se fosse una cosa normale. Per me non lo era, normale. Affatto. Per un bambino cresciuto a “pane e Holly e Benji” la rovesciata è un atto sacro. È un gesto stregonesco, una meraviglia possibile solo al più bravo di tutti, al numero uno. Ad Holly, a Roberto (il procuratore brasiliano che partiva sempre), a Maradona. E a Pelé. Certo l’anno prima, lo confesso, quando il Foggia tramortiva la serie B, avevo visto una rovesciata del giovane Renato Buso, allora alla Fiorentina, insaccarsi in rete, in uno strambo 4-1 per i viola. La cosa mi aveva stupito non poco (all’epoca non potevo comprendere l’animo democratico ed egualitario del gol). Ma Buso era una riserva e la cosa servì a non destabilizzarmi, tanto che attribuii quell’episodio alla fortuna.
Il gol di Signori fu tutt’altra cosa. Fu un evento.
Il fatto che il numero undici della mia squadra del cuore avesse segnato un gol in rovesciata davanti ai miei occhi era un qualcosa che avrebbe potuto cambiarmi la vita. E me l’ha cambiata, infatti. Da quel giorno Beppe Signori divenne il mio idolo: mi feci crescere i capelli come lui, presi a giocare i attacco, imitai la sua firma (quella S gigante al centro, tra il nome e il cognome). Da allora, non l’ho più dimenticato.
Quella partita poi finì 3-2 per l’Atalanta, ma a me non importò più di tanto. Al primo gol di Signori seguì un missile di Picasso proprio all’inizio del secondo tempo, che fece 2-2. Al che, mio padre vaticinò: “e juc’t mò! (trad. “giocate adesso!”, come a dire: “vediamo che sapete fare ora, di nuovo in parità!”, rivolto agli avversari). La risposta non si fece attendere. Carletto Perrone (classe ’60) sgattaiolò alla sua maniera sulla sinistra e in un contropiede micidiale beffò per la terza volta Franco Mancini. 3-2 Per loro, pazienza.
Nonostante tutto, io me ne tornai a casa diverso, completamente stravolto.
Per la prima volta nella mia vita, avevo un mito.

Foto: La rovesciata di Signori in Pisa-Foggia (serie B, 90-91). Si scorge, in primo piano, Alessandro Calori.

5 commenti:

  1. L'unico peccato è che quel giocatore che per te, come penso per altri, divenne un mito, non si ricordò dei suoi tifosi quando, celebre calciatore della Lazio, esultò per un inutile gol proprio contro il Foggia.

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  2. Mi ricordo bene caro Peppe, mi ricordo bene. Finì 2-1 per noi, era l'esordio di Bryan Roy, che segnò (quell'anno ne fece solo due, se non sbaglio). E nonostante tutto, ricorderai, la curva rossonera lo applaudì quel gol.

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  3. Dimenticavo, quella puntualizzazione "nella foto si scorge, in primo piano, alessandro Calori" è geniale

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  4. A dire il vero, non ricordo il risultato finale. Anche perchè questa cosa mi è nota per conto terzi, ossia l'ho sentita. Paradossalmente, ho iniziato a frequentare lo stadio dalla C/2...

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  5. La rovesciata è della stagione 1989/90. Seconda di campionato.
    Foggia-Pisa 0-0.

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